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Quanto è (e sarà) profonda questa crisi?

Quasi tutti i virologi che possiamo considerare “autorevoli” sono ormai concordi sulla gravità della situazione, vale a dire sulla natura estremamente pericolosa e virulenta del Covid-19, a questo punto anche quasi tutti coloro che solo alcuni giorni addietro si erano espressi in maniera totalmente anti-allarmistica, ad iniziare dall’infettivologo Bassetti e da altri medici e scienziati di pari livello che avevano, a sentire le loro dichiarazioni di allora, sottovalutato la cosa.

I numeri, sebbene non lo dimostrino ancora in questo momento, colpevole il clamoroso ritardo col quale l’Istituto Superiore della Sanità riesce a identificare i morti “per” Covid-19 e quelli “con” che in ogni caso non sarebbero morti (almeno non ora) se non avessero contratto tale virus e se avessimo avuto strutture sanitarie adeguate, dimostrano potenzialmente e in via previsionale che si tratta di una epidemia con letalità superiore alla norma. 

Il che equivale a dire che sì, occorrono norme sanitarie, sociali ed economiche molto più importanti rispetto a quelle messe in campo in casi normali.

In merito a queste ultime, per quanto riguarda l’Italia (e l’Europa) si sono prese disposizioni a mio avviso (e non solo mio) inadeguate, sia dal punto di vista immediato, sia viste in prospettiva.

La nostra Sanità è al collasso per i motivi che ormai dovrebbero essere chiari a tutti, in primo luogo per i tanti tagli effettuati in passato in seguito alle privatizzazioni e alle varie spending rewiew scellerate imposteci dall’Europa. La quale, peraltro, sta dimostrando anche in questo caso di muoversi in ordine sparso, niente affatto comunitario e tanto meno sociale (chiusura frontiere, trattenimento di merci…).

Gli organi economici che ci governano inoltre, Banca Centrale Europea in primis, stanno mettendo in campo l’unica misura che non avrebbero dovuto scegliere, ovvero l’emissione di nuovo debito per tenere a bada i mercati (questi ultimi che ovviamente speculano sui morti: che questa è la sintesi). La Lagarde ha deciso di stampare moneta, o meglio aggiungere alcuni zeri su qualche computer, e utilizzare questo denaro fittizio per calmierare spread e Titoli di Stato. Con l’emissione di nuovo debito, che qualcuno - noi - dovremo pertanto ripagare.

In altre parole, invece di “accreditarci” tali somme per fronteggiare la crisi economica e sociale del momento e soprattutto quella che ne seguirà, ce le stanno “addebitando”. Comportandosi in pratica da strozzini.

Dunque la BCE ci “strozza”, e specula sulla situazione, sui morti e sulle ceneri che ne deriveranno, invece di aiutare.

Nei giorni scorsi, e tutt’ora, mi sono posto e mi sto ponendo domande sul “come” si stia reagendo a questa crisi sanitaria, sia nel nostro Paese sia in Europa, lasciando in secondo piano i pur tanti segnali che sto raccogliendo e che parlano di scenari geopolitici terribili in merito alle modalità, alle motivazioni e alle responsabilità dell’inizio e della divulgazione (probabilmente deliberata) di questa epidemia nel mondo. I documenti che ho raccolto non posso pubblicarli né posso trarre delle conclusioni perché al momento, per onestà intellettuale e dovere deontologico, non posso verificare alcune tesi pur suggestive e persuasive e dunque non posso trarne delle conclusioni (ribadisco: per ora).

Perché laddove si arrivasse invece a inquadrare la cosa come una deliberata scelta e mossa geostrategica da parte di qualche soggetto - come inizia a venire a galla da più parti - lo scenario complessivo sarebbe da mettere in una prospettiva completamente differente, non tanto per il conteggio dei morti, ma per la responsabilità di essi. Potrebbe valere la pena di arrivare a una nuova Norimberga. La Storia è piena, anche negli ultimi anni, di esempi analoghi, ovvero di operazioni messe in atto per un motivo falso con la complicità dei media che lo hanno veicolato e che poi si sono rivelate per la loro reale motivazione.

Solo per citare gli ultimi esempi recenti, sappiamo che l’invasione in Iraq non era per le armi di distruzione di massa (mai trovate), che quella in Afghanistan non era per l’attentato alle torri gemelle (nessun afghano coinvolto) e che quella in Libia non era per il semplice motivo di liberare un popolo dalla dittatura di Gheddafi (con quale diritto, poi) quanto per accaparrarsi risorse energetiche e posizioni geostrategiche. Operazioni - tutte - che hanno lasciato sul campo milioni di morti (con noi complici, sia chiaro). 

Ecco, c’è il ragionevole sospetto - che ribadisco: per ora è solo tale - che anche questa epidemia derivi da operazioni di alcuni soggetti in guerra tra loro per rispettivi personali interessi. E che le persone, stavolta in Europa e nel resto del Mondo (dunque non solo in alcuni “remoti” Paesi come i casi che ho citato) ne stiano pagando le conseguenze. Ecco perché stavolta ce ne accorgiamo di più, perché stavolta gli iracheni, gli afghani e i libici “siamo noi”.

In questi casi - e con le notizie che per ora abbiamo - a chi se non a coloro che ci governano dobbiamo guardare per mantenere un senso critico riguardo a come si sta reagendo alla cosa e prevedere cosa potrà accadere in futuro?

Una cosa è certa: le misure messe in atto, e quelle che fatalmente arriveranno nel nostro Paese (già si paventa la riapertura delle scuole a settembre, i militari per le strade e pertanto il blocco totale sociale ed economico dell’Italia, solo per dire quello che ci riguarda da vicino) lasciano intuire facilmente che la crisi economica e sociale che ne seguirà sarà molto peggio di quella già subita (e non ancora scontata) del 2008. Che sappiamo bene da chi e da cosa è derivata, anche se allora ci ammannivano che le “nostre Banche non ne sarebbero state coinvolte”.

Con una aggravante: quella del 2008 fu una crisi finanziaria (con responsabili che hanno nomi e cognomi) poi trasferita all’economia reale. In questo caso invece accade il contrario: il contagio è innanzitutto nell’economia reale.

Scambiando delle opinioni personali ieri, Ferdinando Menconi mi ha fatto notare, con notevole memoria storica, che in genere i periodi post crisi sono molto prolifici, come ad esempio il ventennio ruggente che seguì la Spagnola del secolo scorso.

La differenza è che allora eravamo uno Stato sovrano, nacque l’Iri e tutte le ricostruzioni sociali che sappiamo, poi smantellate pezzo a pezzo negli anni post Seconda Guerra Mondiale (anche qui, sappiamo da chi, come e perché. E a loro dovremmo addebitare molti dei morti attuali per insufficienza di strutture sanitarie pubbliche).

In questo caso invece non siamo più sovrani, non possiamo più battere moneta, e non possiamo decidere autonomamente come risollevarci. Anzi siamo e saremo schiacciati dai debiti che ci sono e saranno imposti dalla Bce e dal Mes (quest’ultimo già invocato a gran voce da Conte senza alcun passaggio parlamentare).

Se non saremo in grado di tornare a essere sul serio sovrani, e/o se l’Europa e le sue istituzioni monetarie continueranno a vessarci in questo modo, il periodo post epidemia, con la nostra economia rasa al suolo dalle misure attuali, è facile prevedere che sarà tutt’altro che “ruggente”.

Qui s’inscrive l’analisi che sto portando avanti, guarda caso nello stesso solco di quella portata avanti per anni con la rivista Il Ribelle e che è stata, purtroppo, confermata punto per punto dai fatti.

È evidente che in questo momento si debba pensare a debellare l’epidemia. È sul come lo si sta facendo che devono essere fatti dei distinguo e dei ragionamenti. Ecco perché esorto a non guardare solo i numeri sanitari che ci vengono comunicati come un bollettino di guerra (con tutto il rispetto per chi ha perso i propri cari e per quelli che stanno soffrendo, chi nei letti degli ospedali, chi accanto a loro con le mascherine e i guanti).

Perché da quei distinguo e ragionamenti sul “come”, così come sull’eventuale individuazione di possibili responsabili, potrebbe nascere davvero qualche sentimento nazionale o federativo in grado di risollevarci. Laddove per risollevarci, naturalmente, io intendo liberarci da questa Europa dei Banchieri e dai suoi vassalli (media conniventi inclusi).

Capisco che sia difficile (e umanamente comprensibile) per chiunque spostare l’attenzione anche temporaneamente dall’evidenza dei fatti sanitari del momento, ma è necessario, se la volontà è veramente quella di reagire come popolo e come Nazione.

Valerio Lo Monaco

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