Coronavirus: pensare altrimenti? (O almeno pensare)
Prendo tre tra i commenti più sintetici e rilevanti ricevuti ai miei post precedenti per quello che voglio dire oggi. Perché spostano la discussione esattamente al punto cui sto cercando di arrivare, cioè di capire (no: non ci sono arrivato ancora).
Sembrerebbe dunque che ci troviamo di fronte a un caso peggiore di quello della Spagnola degli Anni Venti.
(I numeri attuali ancora non lo dicono affatto, ma in proiezione pare proprio così).
Che erano gli Anni Venti del secolo scorso però. Oggi, 100 anni dopo, 100 anni di tecnologia e scienza dopo, il Governo Conte - vale a dire purtroppo il nostro Stato - “risponde” a tale emergenza nel modo che sappiamo.
Con le risorse che non abbiamo (perché ce le hanno svendute, tolte, tagliate) con la capacità decisionale, a livello sociale ed economico, che non abbiamo (idem come sopra). Già questo dovrebbe far vergognare tutti coloro che col proprio voto hanno contribuito negli anni a far andare al governo i partiti politici che a tale stato delle cose ci hanno portato.
I media fanno quello che fanno i media da quando sono diventate aziende per generare utili e per veicolare i messaggi di chi li detiene e che ha interessi in vari altri campi: ripubblicano i comunicati stampa del momento e poi cavalcano l’audience e amplificano paura e dolore (che vendono sempre bene).
Poi c’è tutto il resto: dai complottisti ai documenti inattendibili e non verificati (ne sto collezionando tanti e ovviamente per deontologia professionale non li divulgo perché non sono in grado al momento di verificarne l’autenticità), dai medici e gli esperti in cerca di rivalsa che veicolano teorie alternative ai dati contrastanti, quelli comunicati dalle fonti ufficiali (vogliamo dire l’ISS in clamoroso ritardo?) e quelli spruzzati a pioggia sul web da chi si arroga il diritto di averne di ancora più ufficiali (della serie facciamo a gara a chi ce l’ha più lungo), dalle notizie differenti messe in relazione senza alcuna relazione logica alle profezie di Nostradamus et similari.
Poi ci sono gli ultraconvinti di massa (massa ben indirizzata) da un lato e dall’altro dello stadio. Ci sono i messaggi ridondanti - io sostengo quello che sostiene lo stesso che sostiene lo stesso di quell’altro e di quell’altro ancora. Della serie: apro il primo giornale preso a caso e leggo quello che sosterrò oggi - e quelli dei bastian contrari per partito preso.
Il cocktail è micidiale, lo stress delle persone sale (e salirà ancora di più quando prolungheranno il lock down) e la situazione sociale ed economica è rasa al suolo. Vale a dire una seconda forma di virus che determina una situazione simile a quella dei morti (cerebrali) viventi. Con tanto di manifestazioni spontanee (spontanee?) folkloristiche, isteriche, compassionevoli, indulgenti o categoriche a seconda dei momenti e dei propri (personalissimi) casi e casini.
Vale la pena chiedersi, a questo punto in cui molti nodi vengono al pettine (sanità, economia, politica europea, ruolo dei media) come sta reagendo, come si sta comportando, il “migliore dei mondi possibili” arrivato ai livelli massimi di consapevolezza, tecnologia e capacità di espressione?
Certo che vale la pena chiederselo. Almeno a mio avviso. Perché da qui uscirà la Società (superstite) di domani. Che era già superstite di qualche decennio di espropri, falsi diritti, mala-comunicazione, e sottocultura da Anni Ottanta. E nella quale dovremo vivere, a meno di non scegliere una fuga (di imperfetta salvezza).
Ora, delle due l’una: continuiamo unicamente a leggere tristemente i necrologi e a credere a tutto ciò che ci dicono coloro che hanno già ampiamente dimostrato nel tempo di averci preso per il culo (vedi qui a fianco), e sappiamo benissimo di chi parliamo, cioè della triade “esperti & politici & media mainstream”, oppure cerchiamo faticosamente di trovare delle risposte, partendo dalle domande giuste, se siamo in grado almeno di formularle nel modo corretto.
Cosa molto difficile, quest’ultima, perché richiede fatica, impegno, lucidità e onestà. Tutte cose “attive” che prevedono, ed esigono, l’esclusione dell’emotività.
I più scelgono l’emotività invece: è più semplice perché è del tutto “passiva” (i media lo sanno e lì puntano) e ingurgitano dosi di paura e di slogan, che arrivano dritti alla pancia e persuadono che si è capito tutto.
Laddove la consapevolezza richiede invece “lavoro”. E a chi va più di lavorare? Hai visto mai, poi, che quello che scopri alla fine del lavoro mette in crisi tutto quello cui avevi creduto sino a ora? Hai visto mai, poi, che sei “costretto” a guardarti allo specchio e a dirti intimamente - e magari ammettere pubblicamente - che sei stato un coglione?
Che ci siano tanti morti è fuori di dubbio (tanti rispetto a cosa? Ai dati di una normale influenza? A quelli di una pandemia come la Spagnola?). Che gli anziani e i già ampiamente malati siano le fasce più colpite - anzi le uniche - anche. E anche che la nostra Sanità falcidiata non sia in grado, nello stato in cui è stata ridotta, di sostenere una situazione del genere
E c’è il fondato sospetto di credere che alla fine, viste le misure prese, basterà un solo grande necrologio: quello dedicato all’Italia sociale ed economica. Sempre che non arrivi qualcuno - che abbia lavorato sulla cosa - e che avrà notato, studiato, detto e convinto altre persone a fare in modo differente, perché forse, sì, stiamo sbagliando proprio tutto. Anche oggi, anche dopo 100 anni dagli Anni Venti del secolo scorso. Ancora e ancora.
Abbiate pazienza: io mi fido più di chi almeno prova a capire, prova a “lavorare” sulla cosa, rispetto a chi si è lasciato ipnotizzare emotivamente. E tento di far parte della prima schiera, anche se mi lavo le mani regolarmente, rimango a casa come precetto dice, e metto la mascherina e i guanti nel modo corretto quando sono costretto a uscire. Il sole per la vitamina D lo prendo in giardino, perché lo sanno anche i sassi che stare chiusi in casa abbassa le difese immunitarie che invece ci servono molto in questo periodo.
Quello che sta venendo fuori è molto differente da quello che ci hanno detto, ci dicono, e stanno facendo.
Un significato lo ha e lo avrà. E delle conseguenze anche. Chi vuol capire capisca. Estote parati. Per tutti gli altri: si salvi chi può. Ormai e inutile innaffiare l’asfalto (e probabilmente lo è sempre stato).
Ultima cosa, per ora: sta per arrivare dalla BCE la #certezza2 di questa vicenda (ampiamente prevista). Ma anche qui, aspettiamo la decisione finale. Poi la metteremo nell’elenco permanente.
Valerio Lo Monaco
PS 1: Nel frattempo suggerisco una lettura interessante, un libro in cui Diego Fusaro ha sintetizzato un pensiero già ampiamente “pensato” molto prima (come nella totalità dei suoi libri del resto). Ma almeno il pregio della sintesi, questo libro lo ha:
Pensare altrimenti
“L’ordine dominante non reprime, oggi, il dissenso. Ma opera affinché esso non si costituisca. Fa in modo che il pluralismo del villaggio globale si risolva in un monologo di massa. Perciò dissentire significa opporsi al consenso imperante, per ridare vita alla possibilità di pensare altrimenti”
PS 2: al momento, la riflessione alternativa più convincente ed equilibrata sulla situazione attuale, a mio avviso rimane questa: http://www.atlanticoquotidiano.it/quotidiano/le-falle-dello-stato-di-polizia-anti-virale-in-italia-e-alternativa-britannica/?fbclid=IwAR31MetOTPT971URlnrt15lLA4blS-tbgk4-xJKEGn2FX5yAfm8iTRTRR_U