Grecia: "orrore" referendum? Intanto Banche chiuse
E insomma Borsa e Banche chiuse, in Grecia, fino al referendum. Il che si può sinteticamente tradurre con questa formula: “non appena torna in vista un briciolo di sovranità dei popoli, l’orrore dilaga nelle alte sfere”.
Sulla situazione di rottura in merito alla trattativa tra il governo di Atene e la Troika è possibile trovare cronache ovunque. E sono chiari anche i motivi: le ulteriori richieste piovute su Tsipras per sbloccare l’ennesima tranche di aiuti sono state non tanto (e non solo) rispedite al mittente, ma verranno poste al vaglio dei greci stessi, mediante referendum. Orrore, appunto, per chi pensa ormai che i destini dei popoli debbano essere decisi altrove. E conferma ulteriore, ove ce ne fosse bisogno, di quanto Mario Monti disse in quel video famoso in cui sosteneva, senza battere ciglio, che “le crisi e le situazioni difficili sono lo scenario più adatto per far digerire ai popoli delle decisioni impopolari”, quasi letteralmente (vedi in basso).
Proprio in Grecia, a far tornare i cittadini alle urne mediante referendum, e per decidere sulle misure che sarebbero di lì a poco state adottate ci provò anche Papandreou, nel 2011. E i poteri forti non stettero a guardare. Lo fecero cadere praticamente manu militari e al suo posto venne imposto Papademos con il compito preciso di approvare quelle norme senza consultazione popolare. Allora per “salvare” la Grecia sarebbero bastati 80 miliardi. Oggi, grazie agli aiuti della troika, il rosso è di circa 300. E senza alcuna possibilità di appianarlo.
E dunque siamo da capo: nuovi aiuti, a patto di nuove riforme e tagli. Peraltro per determinare ulteriori passivi da dover restituire. E con un Paese allo stremo della sopravvivenza.
Tsipras oggi non ci sta. E fa tornare la scelta nelle mani dei greci, con il referendum del 5 luglio. Trattativa bloccata nelle sedi dello strozzinaggio legalizzato (e imposto) in sede sovranazionale e, come era facile immaginare, Banche chiuse (decisione del governo Tsipras dietro raccomandazione della Banca di Grecia). Da venerdì sera scorso, come un copione troppo facile da leggere, gli sportelli bancari sono inaccessibili (prelievo di massimo 60 euro al giorno, da domani) fino ad almeno il referendum. Dopo si vedrà. Dunque i cittadini non possono ritirare il loro denaro dalle Banche. Come a Cipro a suo tempo, ora ad Atene. E chissà domani altrove.
È il caos, vero. Ed è l’ulteriore dimostrazione eloquente di come il sistema bancario tenga costantemente sotto scacco i governi dei Paesi e ogni cittadino fin dentro a ogni singolo conto corrente.
Una buona ragione in più per farla finita e riappropriarsi della propria sovranità, per mandare al diavolo la Troika e le sue richieste di tagli e riforme. Speriamo che i greci, finalmente, lo capiscano e lo mettano in pratica.
Che la Grecia sarebbe uscita, o prima o poi, dall’Euro, è cosa che sapevano anche i sassi. Che il piano non avrebbe mai potuto funzionare anche. E nei piani alti ci si prepara a questa evenienza da molto tempo. Così come da noi anche in media mainstream parlano da alcune settimane di una cosa che solo fino a un semestre addietro non era nemmeno contemplata. Ben svegliati, ben scesi dal letto. Bel servizio pubblico.
Ma l’uscita della Grecia dall’Euro è solo il primo passo - fondamentale - per riappropriarsi della sovranità che spetta allo Stato. E non è l’unico necessario. Ora resta da vedere come lo si farà, come Atene condurrà la cosa, e chi batterà la nuova moneta. Cioè chi sarà il proprietario di questo nuovo conio. Fase delicata e fondamentale, per non cadere dalla padella nella brace. E possibile, dobbiamo pur dirlo, momento in cui possono venire spezzate tutte le altre istanze di questo tipo che fatalmente arriveranno in Europa.
Ma il caso greco, come su queste pagine ribadiamo dal 2008 in poi, è un caso scuola. È un precedente fondamentale, nel brutto e nel bello, per ognuno dei Paesi dell’area. E anche per noi.
Valerio Lo Monaco